Atto terzo

Ultima versione di New Holland “Methane Power”. La Casa lo promette in serie fra tre anni. Nell’attesa, farà certamente discutere

New Holland Methane Power

Cnh ci crede e persevera. Mentre il Mondo dei trasporti sembra ormai definitivamente orientato all’ibrido e all’elettrico, la Multinazionale proprietaria dei marchi New Holland, Case Ih e Steyr continua a sviluppare la sua politica “Clean Energy Leader”, tesa a realizzare macchine che se non si possono definire “a inquinamento zero” certamente si avvicinano a tale obiettivo molto più di quanto non sia possibile fare con quelle attuali. Alla base del progetto si colloca la propulsione a metano, combustibile che oltre a bruciare con minime emissioni può anche essere prodotto dall’uomo sfruttando prodotti che nella maggior parte dei casi sono oggi inquadrati quali “rifiuti”. L’umido urbano, per esempio, oppure gli scarti derivanti dalle lavorazioni industriali, soprattutto quelle alimentari, o i reflui di allevamento. Tutti prodotti che se opportunamente trattati nei digestori possono appunto dar vita a un gas che dopo opportune lavorazioni può essere utilizzato per alimentare utenze elettriche, per riscaldare o, appunto, per muovere i più svariati veicoli. Fra questi anche i trattori agricoli, possibilità che Cnh già da anni ha sondato tramite tutti i suoi marchi e che nel 2013 è stata ufficializzata in pubblico con la presentazione del primo prototipo “Methane Power”, poi rilanciato nel 2015 in occasione di Expo e giunto quest’anno alla sua seconda generazione, basato su un “T6.180” opportunamente modificato. Tali macchine ha permesso a New Holland e a Fpt Industrial, il costruttore del motore, di avvicinarsi molto a una eventuale produzione di serie, vuoi perché di fatto l’impostazione del trattore non cambiava più di tanto rispetto al modello tradizionale, vuoi perché analoghe erano le sue prestazioni di coppia e potenza a fronte di un solo punto debole: l’autonomia. Nonostante i suoi nove serbatoi capaci di contenere circa 300 litri di metano, 52 chili, “Methane Power” aveva in effetti bisogno di un paio di rifornimenti per coprire la giornata di lavoro, problema che però sembra essere stato superato dalla terza generazione della macchina il cui prototipo è stato lanciato a fine agosto negli Stati Uniti con la promessa di vederlo in serie nel giro di tre anni. Se così fosse New Holland potrà proporre agli agricoltori una macchina, certamente la prima di una lunga serie, capace di lavorare con costi di gestione globali inferiori fino al trenta per cento rispetto a un trattore convenzionale di pari prestazioni e con emissioni ridotte dell’80 per cento caratterizzate da un’impronta complessiva di carbonio virtualmente pari a zero nel caso di utilizzo di biometano. Il trattore del futuro prossimo dunque, ma non solo a livello motoristico. New Holland negli Usa ha in effetti stupito il Mondo proponendo una macchina stilisticamente avanzatissima oltre che già dotata di tutte le soluzioni di guida e di gestione che si andranno imponendo nei prossimi anni. La carrozzeria, perché a questo punto di carrozzeria e non di cofanatura si deve parlare, è in effetti realizzata mediante pannellature che integrano un unico e profilatissimo design cofano, cabina e parafanghi, ivi compresi gli anteriori che risultano profilati sulla falsariga di ali canard. La cabina dal canto suo è una sorta di bolla trasparente la cui superficie vetrata è del venti per cento superiore a quella di un trattore standard permettendo una visibilità a 360 gradi sia sull’orizzonte sia in verticale. C’è da dire però che l’operatore non ha alcun bisogno di guardarsi intorno. La macchina dispone infatti di diverse telecamere che riportano le proprie immagini su altrettanti monitor uno dei quali, il più ampio, fissato direttamente al centro del volante. La cupola di vetro che funge da tetto integra inoltre un ricevitore “Plm”, “Precision Land Management” che consente una visione panoramica dell’ambiente circostante, una novità per un mezzo agricolo, oltre a una visuale senza impedimenti sul caricatore  per facilitare le movimentazioni aeree. Avulsa da ingombri, grazie al fatto che tutti i comandi sono touch screen o inseriti sul bracciolo della poltrona di guida, la cabina realizza poi un ambiente operativo più simile a un ufficio che non all’abitacolo di un mezzo semovente, permettendo all’operatore di lavorare nel massimo comfort. Lavorare per modo dire però. Traiettorie e attrezzature sono in effetti pilotate dal computer di bordo, con le prime controllate per via satellitare e le seconde mediante protocolli isobus. Il driver deve quindi fungere solo da “sistema di emergenza” nel caso alla macchina salti qualche neurone elettronico, ma anche in questo caso è molto probabile che non debba intervenire dal momento che il mezzo è costantemente interconnesso e le sue funzionalità possono quindi essere verificate e gestite a distanza. A conferma, il fatto che numerose funzioni fra le quali il sollevatore posteriore possono essere comandate a distanza mediante uno smartphone. Eliminata infine la chiave di avviamento, sostituita da una procedura di identificazione delle impronte digitali che va replicata una volta entrati in cabina quale ulteriore misura di sicurezza. Per i ladri si prospettano tempi decisamente difficili.

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