La lobby dei pifferai magici

Biologico e veganismo stanno crescendo in termini di rilevanza sociale, grazie anche a una capillare demonizzazione mediatica della chimica agraria, del biotech e dei cibi di origine animale. Dietro, però, nulla di ecologico. Solo business

Foto notizia 6La lobby eco-salutista continua imperterrita e inarrestabile a perseguire la propria espansione commerciale, complici le simpatie che le sono rivolte dai media generalisti, ben lieti di pubblicare qualsiasi fesseria se questa aiuta a risanare i loro sempre più asfittici bilanci. A distinguersi in tal senso soprattutto il quotidiano della Sinistra radical-chic “La Repubblica” che in due articoli on line non si è fatto remore nel decantare le proprietà taumaturgiche dell’agricoltura biologica e delle esoteriche pratiche biodinamiche proponendo nel contempo i consumi di carne quali corresponsabili del surriscaldamento globale. Peccato che il Quotidiano, pur riportando nomi e qualifiche degli autori delle tesi via via sostenute, se ne guardi bene dal citare in base a quali dati e considerazioni gli stessi autori sostengano le proprie affermazioni, soprattutto quella che vuole l’agricoltura biologica atta a diminuire le spese sanitarie. Piaccia o no a “La Repubblica”, non esiste in tal senso alcuna evidenza epidemiologica comprovata diversa dalle parole di chi avanza tali ipotesi, esattamente come non esistono prove assolute e inoppugnabili che i fertilizzanti riducano del 30 per cento il valore nutrizionale dei cibi. Al contrario, esistono corpose rassegne scientifiche che sostengono la tesi opposta. Anche relativamente ai dissesti idrogeologici accade che biologico e biodinamico si portino a casa meriti del tutto virtuali. Non c’è una sola statistica che divida le frane per tipologia di conduzione agricola e comunque un buon sovescio lo possono fare tutti, convenzionali compresi. Le aziende che si proclamano orientate al biologico e al biodinamico invece non possono seguire pratiche di semina su sodo, vista l’impossibilità di usare diserbanti, indispensabili per questa tecnica che però gli stessi ambientalisti definiscono “conservativa”. Poche idee ma ben confuse quindi. Tutta da dimostrare poi l’affermazione che vuole i “pesticidi” causa di due milioni e mezzo di morti per tumore fra gli agricoltori mondiali. L’ente britannico “Cancer Research” stima in effetti in 14 milioni circa i nuovi casi annui di tumore a livello mondiale, per una mortalità, sempre annua, di poco più di otto milioni. Ovvio che fra questi ricadano anche i due milioni e mezzo sopra citati, ma la loro totale attribuzione alla sola chimica agraria è quanto si più aleatorio si possa affermare. In realtà i tumori non guardano in faccia a nessuno e colpiscono nelle città come nelle campagne. Con queste ultime peraltro indicate proprio dagli ambientalisti quali aree privilegiate per una vita sana e all’aria aperta. Ambientalisti & company si dovrebbero in definitiva mettere d’accordo fra loro, ma nell’attesa potrebbero leggersi le statistiche mondiali relative alle cause di morte più frequenti per rendersi edotti di quante siano i decessi dovuti a tossinfezioni per scarsa igiene dell’acqua e degli alimenti quando “inquinati”, e mai termine fu più corretto, da quelle forme di vita “biologiche” che si presentano sotto forma di batteri, parassiti e micotossine. Una realtà che appare drammaticamente palese filtrando le diverse aree del Mondo per livello di tecnologie agrarie utilizzate. Meno ne hanno, peggio stanno. La verità di fondo è che biologico e biodinamico sono solo un business che in Italia vale in un caso tre miliardi e mezzo di euro e nell’altro quasi 450 milioni, cifre cui si devono poi aggiungere i fatturati indotti dalle diete vegetariane e vegane. Non a caso fra i più accaniti sostenitori di tali diete c’è la Fondazione Barilla, la stessa che da sempre è impegnata nella promozione di formule alimentari riassumibili nello slogan “più pasta e meno carni”. In fatto di conflitto di interessi neanche Berlusconi era arrivato a tanto. Tornando ai dati di “La Repubblica” è da precisare che nei 43 milioni e 700 mila ettari coltivati a biologico nel Mondo citati negli articoli ci sono 17 milioni di pascoli australiani e tutti quelli sudamericani, africani e neozelandesi, aree che da sole valgono più della metà degli ettari condotti “biologicamente”. In realtà sono aree che nessuno coltiva a parte Mamma Natura. Anche accettando comunque che il dato di cui sopra sia vero, è poca cosa se confrontato con i 180 di milioni di ettari coltivati a ogm. Giusto per capire chi più contribuisce a sfamare il Pianeta, soprattutto di proteine nobili. Su quest’ultimo tema il movimento agro-bio lascia però spazio a quello vegano-animalista, secondo il quale carne e latticini starebbero uccidendo il Mondo con i gas serra. Peccato dimentichino che quasi tutte le emissioni connesse agli ingrassamenti animali, e alle produzioni di carne, sia state in precedenza catturate nell’aria dalle colture foraggere. Chiaro a questo punto che dietro certe filosofie non esistano fondamenti etici o morali, ma solo gli affari portati avanti dall’industria alimentare e dalla grande distribuzione. Sviluppare e promuovere nuove mode alimentari fa vendere e produce reddito, come ben dimostrano gli hamburger di soia presenti nei supermarket il cui costo al chilo supera quello delle costate. Ognuno è libero di vendere ciò che ritiene più opportuno nel rispetto delle Leggi, ma senza turlupinare mentalmente il consumatore con scempiaggini biologiche, biodinamiche e vegane. Attirare i clienti con promozioni trasparenti e veritiere è lecito, ammaliarli con trilli da pifferai magici, rilanciati da quotidiani che operano facendo il copia-incolla delle cartelle stampa altrui senza curarsi dei contenuti, è scorretto e, forse, anche un tantino illegale.

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