Gb che vanno, Gb che vengono

Mentre il Governo inglese vota definitivamente l’uscita del Paese dall’Unione Europea, Landini lancia una nuova versione dei “Rex” siglandoli “Gb”, acronimo di “Gran Basso”. È stata studiata per far fronte alle esigenze di lavoro avanzate da chi opera in coltivazioni rese particolarmente basse dai locali ambiti vegetativi

Landini

Non è per tutti. Il profilo di missione dei nuovi “Rex” di Landini serie “Gran Basso”, in sigla “Gb” guarda verso aree geografiche e attività ben precise. Si rivolge infatti a chi opera in sistemi di allevamento i cui frutti, una volta giunti a maturazione, risultano pendere verso il terreno in maniera accentuata risultando di conseguenza a rischio se approcciati con trattori tradizionali. Landini nell’ambito della sua gamma “Rex” già dispone dei modelli “Ge” che, grazie a speciali accorgimenti, si propongono con un’altezza al volante di soli 135 centimetri, ma anche tal dimensione in certe situazioni risulta ancora pronunciata. Da qui la decisione di intervenire ulteriormente sui “Ge” per dar vita a un trattore ancora più ribassato che, proprio per tale motivo, ha denominato “Gb”. La versione è realizzata giocando su pneumatici da 240/70 R 16 e su parafanghi specifici che, unitamente all’inserimento di volanti e sedili ad hoc, portano l’altezza della macchina al di sotto dei 125 centimetri con arco di sicurezza abbassato. I nuovi mezzi, dotati di motori omologati in stage 3A, sono disponibili sia in allestimento “Techno” sia con contenuti “Top”, a seconda che la trasmissione sia “Speed Five” o “Power Five” e l’inversore meccanico o elettroidraulico, e possono essere acquisiti in tutte le tarature di potenza previste dai “Rex”. Quindi da un minimo di 68 a un massimo di 110 cavalli. Così congegnate ed equipaggiate con impianti idraulici capaci di erogare 41 o 52 litri al minuto di olio interamente dedicati al lavoro, le macchine guardano soprattutto alle Regioni del Sud Italia e alle aree viticole del Bel Paese, proponendosi però anche quali strumenti di lavoro ottimale per tutti i Paesi esteri che vedono nella frutticoltura uno degli ambiti primari di attività a livello agricolo. Un esempio per tutti la Nuova Zelanda dove le coltivazioni di kiwi rappresentano un cardine dell’export nazionale.

Related posts