C’è fermento attorno alle batterie al sodio. Sono ritenute lo sbocco tecnologico più promettente per dar corpo ad accumulatori di costo contenuto, ma di buone prestazioni. Col primo attributo indotto dal fatto che il sodio è il sesto elemento più comune sul Pianeta costituendo più del due e mezzo per cento della crosta terrestre

Nonostante i diktat ambientalisti, l’automotive vede la propulsione elettrica languire anzichenò, nel senso che il mercato non la accetta e gli stessi costruttori di auto stanno rivedendo i rispettivi piani di sviluppo. Al momento è quasi certo che tale tecnologia si diffonderà in quegli ambiti del trasporto privato e commerciale che gravitano a livello urbano o, sul fronte opposto, nel segmento dei veicoli sportivi di alte prestazioni, ma ipotizzare che l’elettrico possa imporsi anche su mezzi di trasporto impegnati su medie e lunghe distanze è utopistico, soprattutto a livello di trasporto privato. Troppi in effetti i condizionamenti operativi che l’elettrico impone ai propri utenti e troppe anche le scomodità gestionali, in primis quella di doversela vedere ogni volta che si è costretti a ricaricare presso le colonnine pubbliche con cavi pesanti e sporchi da srotolare e riarrotolare ogni volta.
A pesare, però, più che le limitate autonomie e le scomodità d’uso dell’elettrico, sono i suoi costi, nel senso che a parità di veicolo le versioni azionate da batterie costano molto di più di quelle propulse per via tradizionale essendo anche caratterizzate da quotazioni molto basse quando le si va a rivendere quali usate. Il primo problema è indotto soprattutto dall’alto costo dei componenti che fungono da base per cosiddette “batterie al litio” anche se in realtà sono costruite oltre che con il litio, anche con cobalto e nichel, tutti materiali che ai prezzi elevati abbinano anche la necessità per i costruttori di batterie di relazionarsi per l’approvvigionamento con Paesi politicamente instabili.
Da tali problematiche la costante ricerca di soluzioni alternative che di recente sembra possano concretizzarsi nelle cosiddette “batterei al sodio”, gruppi dalle architetture analoghe a quelle delle batterie al litio e anche dotate degli stessi elementi principali, il catodo, l’anodo, il separatore e l’elettrolita. Il sodio sostituisce però il litio nel catodo, per l’anodo si usano miscele a base di carbonio ottenute tramite carbonizzazione ad alta temperatura di biomassa di antracite, resina fenolica e altre sostanze e per il collettore della corrente anodica si può ricorrere all’alluminio in luogo invece del più costoso rame utilizzato negli elementi agli ioni di litio.
Così organizzati gli accumulatori al sodio risultano già oggi vicini per densità energetiche alle batterie al litio-ferro-fosfato, in sigla “Lfp”, proponendo dai 130 ai 160 wattora/chilo a fronte dei 200 wattora/chilo mediamente proposti dagli accumulatori “Lfp”. Secondo Catl, Contemporary Amperex Technology Co. Limited, il più grande produttore di batterie al Mondo, i 200 wattora/chilo sono però vicini anche per i gruppi al sodio ipotizzando addirittura che già nel medio periodo le loro densità energetiche possano toccare il chilowattora/chilo con durate che potrebbero arrivare ai sei mila cicli di ricarica mantenendo tale processo compreso fra il 20 e l’80 per cento della capacità.
Non è un caso in definitiva se secondo l’istituto di ricerca statunitense IdtechEx, il mercato globale delle batterie al sodio che vale oggi circa 179 milioni di dollari raggiungerà i 254 milioni entro il 2030 per una crescita media annua stimata del 27 per cento e una produzione che passerà dai dieci gigawattora attuali acirca 70 gigawattora nel 2033. Un trend di sviluppo indotto anche dal fatto che le batterie agli ioni di sodio possono essere costruite sulle stesse linee delle batterie agli ioni di litio. Bastano poche modifiche e investimenti contenuti per dar luogo ad accumulatori che rispetto a quelli al litio e a pari capacità risultano più pesanti e ingombranti ma vantando un range di temperatura di lavoro superiore, da -40 gradi centigradi a 80 gradi sopra lo zero, e resistendo meglio alle fiamme.

Certo a questo punto che le batterie al sodio andranno progressivamente a monopolizzare il settore degli accumulatori atti allo stoccaggio energetico su rete e i veicoli leggeri a uso urbano a due e quattro ruote, ipotesi suffragata dal fatto che gli operatori della rete cinese hanno già iniziato a costruire stazioni di accumulo di energia basate sul sodio per immagazzinare l’energia prodotta da solare ed eolico e ridistribuirla in modo stabile ed efficiente. Sempre in Cina inoltre gli accumulatori al sodio sono usati per muovere scooter di basso costo, fra i 400 e i 600 dollari, destinati ai va e vieni quotidiani su brevi distanze. Da ricordare che essendo il sodio il sesto elemento più comune sul Pianeta costituendo più del due e mezzo per cento della crosta terrestre, vanta un costo inferiore fra il 97 e il 99 per cento al costo del litio.
Non a caso nell’Aprile scorso Catl ha annunciato il lancio di una nuova linea di batterie al sodio sotto il marchio “Naxtra” con l’obiettivo di iniziare la produzione su larga scala entro la fine dell’anno. I primi modelli offriranno una densità energetica di 175 wattora/chilo, paragonabile alle attuali batterie litio-ferro-fosfato, ma con la promessa di una seconda generazione che raggiungerà i 200 wattora/chilo rendendosi particolarmente appetibili per azionare veicoli leggeri a due ruote, prodotti che già oggi vedono tre modelli Yadea, il più grande produttore cinese di scooter elettrici commercializzati con batterie alsodio.
Sempre Yadea ha inoltre fondato l’Istituto di Ricerca Hangzhou Huayu per le Nuove Energie dedicato proprio allo sviluppo di questa nuova chimica che fra i tanti vantaggi offre anche quello di permettere tempi di ricarica dal venti all’80 per cento di soli 15 minuti.
Titolo: Batterie sodio: la risorsa infinita
Autore: Redazione