L’italia è sulle spalle del 17 per cento dei lavoratori che dichiarano redditi dai 35 mila euro lordi l’anno in su
di Furio Oldani

È stato recentemente pubblicato dal dipartimento Finanze del ministero del tesoro l’elenco delle professioni e dei misteri a rischio evasione delle imposte. All’origine del documento le analisi effettuate dall’Agenzia delle Entrate sulla base degli indici “Isa“, quegli “Indicatori sintetici di affidabilità“ elaborati – si scusi la descrizione sommaria e molto sintetica – mettendo a confronto per ogni soggetto indagato i redditi, le spese e gli utili dichiarati con le medie di settore in cui il soggetto stesso opera. Un’indagine doverosa se si pensa che in Italia il 60 per cento dei potenziali contribuenti non paga alcuna tassa e il 24 per cento versa il minimo necessario per pagarsi i servizi di base.
Con la conseguenza che il carico fiscale è sulle spalle del 17 per cento dei lavoratori che dichiarano redditi da 35 mila euro lordi l’anno in su. Una situazione insostenibile che se da una parte giustifica l’accanimento con cui l’Agenzia delle Entrate cerca di contrastare gli evasori, dall’altra mette però anche in luce il fallimento di tale attività visto che si protrae da anni senza successi continuativi e spesso anche con modalità sbagliate. Accanendosi molto contro chi evade per errore e meno contro chi lo fa invece in maniera consapevole e ripetuta.
A conferma, l’elenco di cui sopra, quello delle organizzazioni produttive, commerciali e di servizio a rischio di infedeltà fiscale. È aperto da ristoranti, bar e gelaterie, rivendite “food“ a cui fa seguito la maggior parte delle altre rivendite al dettaglio, ivi comprese le farmacie.
Un elenco discutibile
Proprio queste ultime però non ci stanno, affermando che in realtà sono le modalità con cui l’Agenzia delle Entrate individua i “cattivi“ a essere sbagliate. Vero o meno che sia, ma un approfondimento non sarebbe male, l’elenco abbraccia poi anche alberghi, bed & breakfast, agriturismi, campeggi e stabilimenti balneari finendo coll’inquadrare anche commercialisti, artigiani e studi professionali. Di fatto e stando ai dati pubblicati non esiste in Italia una sola attività ritenuta fiscalmente affidabile, con l’unica eccezione delle aziende operanti nel settore agricolo, del tutto assenti dall’elenco.
Di primo acchito si potrebbe quindi pensare che gli agricoltori e gli allevatori italiani siano quanto mai ligi ai propri doveri, una sorta di “pensiero stupendo“ cui però fa da contraltare un’ipotesi decisamente meno positiva. Non è che come al solito il Mondo agricolo è stato del tutto dimenticato? Il dubbio è forte e nel caso la seconda ipotesi fosse quella giusta ci sarebbe anche da alzare la voce per ribadire la rilevanza economica e sociale che compete a un settore che sarebbe teoricamente primario, ma che da decenni è politicamente bistrattato facendolo presidiare da personaggi assolutamente incompetenti in materia. In questo caso però meglio tenere un profilo basso. Dialogare con l’Agenzia delle Entrate è difficile e pericoloso, quindi meno ci si mette in mostra meglio è.
Titolo: Onesti o dimenticati?
Autore: Redazione