Un recente studio elaborato dall’organizzazione tedesca “Fos” per conto di Klima- Allianz Deutschland ha riacceso il dibattito sugli e-fuel. Li giudica un’alternativa che non soddisfa le esigenze dei settori trasporti, industria e agricoltura. Ennesima tesi di parte avanzata da ideologi in agonia che non si accorgono neanche di essere in contraddizione con sé stessi

Di Jacopo Oldani
L’Unione Europea aveva stabilito che dal 2035 non fosse più possibile vendere veicoli mossi da motori a combustione interna. Di fatto la decisione è ancora attiva, ma le recenti turbolenze economiche e politiche la stanno mettendo in discussione. Le incertezze geopolitiche, l’instabilità dei mercati energetici, le criticità di approvvigionamento delle materie prime necessarie per produrre le batterie, le difficoltà di smaltimento di queste ultime e le problematiche connesse all’assenza di una adeguata rete di ricarica stanno spingendo alcuni Paesi e i relativi gruppi industriali a riconsiderare la possibilità di dar luogo a una totale elettrificazione dei parchi semoventi.
Ciò anche in funzione della scarsa propensione all’acquisto dimostrata dal mercato auto nei confronti del full electric. Da qui un rinnovato interesse avanzato nei confronti delle alternative alle propulsioni tradizionali articolato su più fronti. Si spazia dall’elettrificazione attuata con fuel cell alimentate a idrogeno all’uso diretto dello stesso idrogeno nei motori tradizionali, con questi ultimi che però potrebbero essere alimentati anche con biocombustibili o con i cosiddetti e-fuel, i carburanti sintetici prodotti utilizzando energia elettrica rinnovabile.
A vantaggio dell’uso diretto dell’idrogeno e degli e-fuel nei motori tradizionali il fatto che i costruttori di motori e macchine potrebbero raggiungere importanti obiettivi di contenimento delle emissioni di anidride carbonica senza dover stravolgere le loro produzioni attuali come invece devono fare passando al full electric. Una soluzione equilibrata e interessante quindi, ma osteggiata comunque dalle frange ambientaliste più estreme, quelle che vorrebbero l’eliminazione tout-court di qualsiasi opzione diversa dal full electric o comunque atta a mantenere operativi i motori a combustione interna.
Ultimi proclami in tal senso quelli avanzati da un farneticante studio promosso da Klima-Allianz Deutschland, rete tedesca di oltre 150 organizzazioni ambientaliste sostenute anche da organizzazioni sociali e religiose, e realizzato da “Fos”, “Forum Okologisch-Soziale Marktwirtshaft”, organizzazione tedesca volta all’elaborazione di studi politici-economici tesi a sostenere una rapida transizione energetica.
Già il titolo dello studio, “E-Fuel e i loro limiti: nessuna alternativa all’uscita dei motori a combustione”, la dice lunga sugli obiettivi di fondo di un’analisi che in termini di contenuti approccia l’argomento di fondo senza dar spazio a un sia pur minimo senso critico nonostante alcune informazioni siano state riprese da fonti decisamente autorevoli. Fra queste l’organizzazione internazionale sull’energia “Iea” e l’Istituto Fraunhofer per la ricerca di sistemi e innovazione.
Un atteggiamento assolutamente di parte e fazioso cui non è mancato il consenso economico del Ministero Federale dell’Economia e della Protezione del Clima della Germania. A dimostrazione che i Tedeschi, non contenti delle catastrofi economiche indotte dalle politiche green sulla loro industria e sull’economia del Paese sono decisi nel proseguire il cammino verso un futuro sempre più incerto.
Invece di considerare gli e-fuel quale potenziale alternativa da sviluppare al fine di allargare la platea delle soluzioni volte alla riduzione delle emissioni clima-varianti, senza distruggere il tessuto economico- sociale occidentale, l’analisi parte dal presupposto che gli e-fuel, ad oggi, mostrano dei limiti strutturali che ne ridimensionano fortemente il ruolo di reale alternativa. Sono combustibili sintetici ottenuti attraverso un processo elettrochimico che utilizza elettricità per produrre idrogeno dall’acqua combinandolo poi con anidride carbonica per generare carburanti liquidi o gassosi simili a quelli derivati del petrolio.
Lo studio sostiene che affinché possano essere considerati climaticamente neutri gli e-fuel dovrebbero essere prodotti utilizzando esclusivamente fonti rinnovabili e utilizzando per la produzione anidride carbonica catturata dall’atmosfera o derivata da processi industriali non fossili. Tali considerazioni coincidono proprio con l’obiettivo finale perseguito dai sostenitori degli e-fuel, ma dato che gli ambientalisti devono dire “no” a priori, ecco che lo studio mette sotto accusa non tanto i combustibili in sé quanto il loro processo di produzione, considerato estremamente inefficiente alla luce di un rendimento energetico che si aggira tra il 13 per cento e il 16 per cento.

Molto inferiore al 75 per cento che contraddistingue l’utilizzo diretto dell’elettricità per alimentare macchine e veicoli elettrici. In tale ottica la stessa quantità di energia rinnovabile usata per produrre gli e-fuel immessi nel serbatoio di un veicolo propulso da un motore termico potrebbe alimentare direttamente sei veicoli elettrici.
Un punto di vista corretto, se non fosse che per alcuni dettagli accennati in precedenza. Il primo dei quali è costituito dal fatto che al momento il mercato non sta premiando i veicoli elettrici alla luce dei loro elevati costi, delle ridotte operatività e la mancanza di una vera rete di sostentamento energetico nella maggior parte dei Paesi occidentali.
Senza contare i discorsi legati agli approvvigionamenti delle materie prime che nel caso la transizione green si attuasse in maniera drastica porterebbe l’Occidente a dipendere da Paesi politicamente inaffidabili e poco rispettosi dei diritti umani. Cina in primis. Gli e-fuel permetterebbero invece una produzione localizzata ed europea e mantenendo le architetture motoristiche attuali non darebbero luogo a sovraccosti sui prodotti finali. Senza contare che l’elettrico a batteria si sposa male con le applicazioni più energivore come quelle agricole avanzate in campo aperto.
A tale proposito lo stesso studio sottolinea come gli e-fuel possano essere considerati addirittura essenziali, tesi che contraddice il titolo dello studio, per la decarbonizzazione di settori difficili da elettrificare, come l’aviazione e il trasporto marittimo, dove la densità energetica e le necessità operative rendono poco praticabile l’uso delle batterie. Vero, esattamente come le stime che per il 2045 indicano un fabbisogno di e-fuel che va dai 116 ai 305 terawattora annui per sostenere tali settori. Con una priorità assoluta ancora maggiore per la produzione destinata all’industria e ai trasporti pesanti.
Anche un bambino a questo punto capirebbe che se gli e-fuel vanno bene per muovere un camion, un aereo o una macchina operatrice andrebbero bene anche per muovere un’auto o un trattore, tesi cui gli estensori dello studio contestano non a livello tecnico ma previsionale. Secondo le loro previsioni nel solo settore automobilistico si registreranno una riduzione della flotta termica e un’accelerazione della mobilità elettrica che renderanno il contributo degli e-fuel marginale e poco competitivo. Secondo loro nel 2045 il parco auto europeo elettrificato coprirà in effetti una quota di mercato variabile fra il 74 e il cento per cento e poco importa se al momento nulla avvalli tali previsioni. Gli autori dimenticano inoltre di dire che la loro rosea previsione abbraccia prevalentemente i veicoli ibridi che, come tali, risultano equipaggiati con motori termici.
Lo studio tedesco punta poi il dito sulle criticità inerenti la produzione e la disponibilità di e-fuel su larga scala. Attualmente, la produzione mondiale di questi carburanti è in effetti limitata a progetti pilota e a impianti dimostrativi e anche gli scenari più ottimistici dicono che al 2030 la produzione globale potrebbe raggiungere appena 70 terawattora all’anno, una quantità insufficiente persino per coprire le esigenze del trasporto aereo e marittimo della sola Germania.
Per raggiungere livelli di produzione adeguati alle necessità di tutti i settori che necessitano di combustibili sintetici, la capacità produttiva dovrebbe crescere con tassi annuali superiori al 30 per cento, un valore senza precedenti nel settore energetico. Un problema quindi, ma non diverso e, anzi, di più facile soluzione di quello che dovrebbe affrontare l’Europa in termini di rete elettrica nel caso si attuasse la crescita del full electric auspicata dagli ambientalisti. Basti pensare a tale proposito in Germania proprio le elevate criticità connesse alle produzioni di energia elettrica a seguito della decisione di chiudere gli impianti nucleari.
Decarbonizzazione ed e-fuel
Nessuno lo scrive, ma i black-out in diverse aree del Paese sono quanto mai frequenti. Senza parlare dell’Italia che negli ultimi anni ha visto black-out di ore in molte aree metropolitane in estate a causa degli assorbimenti indotti solo dai consumi dei condizionatori. Di fatto accade che chi inneggia all’elettrico non si rende conto che mancano l’elettricità, le reti per trasportarla e le colonnine per immetterla nelle batterie. Altra accusa lanciata dallo studio agli e-fuel i costi.
Attualmente il loro costo di produzione è molto elevato, tant’è che un litro di e-benzina costa più del doppio rispetto a un litro di benzina di origine fossile. L’avvio delle produzioni su larga scala ovviamente ridurrà tale gap ma non lo annullerà, tant’è che si ipotizza un coso alla pompa di un litro di e-benzina di due euro e mezzo nel 2050. Un’analisi corretta ma di parte in quanto vede gli e-fuel svantaggiati rispetto all’elettricità solo ipotizzando che quest’ultima da qui al 2025 si mantenga sui valori attuali. Si confronta quindi un costo ipotizzato al 2050 con un costo attuale. Confronto che neanche il più scassato dei ragionieri potrebbe firmare.
Ciliegina sulla torta infine la considerazione che gli e-fuel non risolvano il problema delle emissioni locali. Sebbene siano teoricamente neutri in termini di emissioni di anidride carbonica quando prodotti correttamente, le macchine che li utilizzano continuano a emettere ossidi di azoto e particolato, mantenendo elevate le criticità legate alla qualità dell’aria nelle aree urbane. Al contrario, i veicoli elettrici eliminano completamente le emissioni locali di scarico, contribuendo in modo più efficace alla riduzione dell’inquinamento atmosferico. Anche in questo caso lo studio tira l’acqua al proprio mulino “dimenticando” che sebbene i veicoli elettrici non emettano gas di scarico, la loro produzione non è affatto priva di impatti ambientali, soprattutto a livello di batterie. L’estrazione e la lavorazione delle materie prime necessarie per costruire tali componenti, in primis litio, cobalto e nichel, comportano in effetti elevati livelli di inquinamento e di consumi energetici.
Gli e-fuel, se prodotti con elettricità rinnovabile e anidride carbonica catturata dall’atmosfera, potrebbero garantire un bilancio emissivo neutro, complici le sempre più avanzate e concrete tecnologie motoristiche atte a ridurre significativamente le emissioni di ossidi di azoto e particolato. A ciò si aggiunga che un corretto confronto tra veicoli full electric e quelli alimentati a e-fuel dovrebbe tener conto anche della composizione attuale del mix energetico europeo, area in cui gran parte dell’energia elettrica proviene da centrali termoelettriche funzionanti con combustibili fossili.
Ne deriva che per rendere l’auto elettrica davvero “non inquinante” la si dovrebbe alimentare con energie di derivazione riciclabile, guarda caso le stesse che si dovrebbero usare per produrre gli e-fuel. Senza dimenticare che un confronto fra i bilanci emissivi dei due sistemi di propulsione dovrebbe anche tener conto delle perdite di rete oltre che dei ciclo di vita delle macchine e delle loro componenti. Di fatto lo studio commissionato da Klima-Allianz Deutschland a “Fos” altri non è se non l’ennesima dimostrazione di quanto le frange ambientaliste avanzino tesi talmente discutibili da essere criticate da una nutrita serie di organizzazioni industriali, scientifiche e politiche, che inquadrano le problematiche ambientali in termini globali considerando di conseguenza l’inquinamento urbano solo uno degli elementi critici su cui lavorare. Il meno problematico visto che la presunta “tossicità” dell’aria in molte aree metropolitane è ai minimi dall’inizio dell’industrializzazione.
Titolo: Decarbonizzazione ed e-fuel, in Europa non si placa il dibattito
Autore: Jacopo Oldani