Nuovi regolamenti droni

Il Mondo dei droni è in fermento a causa della pubblicazione dei nuovi regolamenti europei che dal prossimo luglio disciplineranno l’uso di tali velivoli e l’imminente pubblicazione del regolamento transitorio italiano. In queste pagine una sintesi delle future norme aggiornata a inizio settembre. Maggiori informazioni in tempo reale al sito www.dronezine.it

L’obiettivo è encomiabile. Disciplinare in maniera univoca in tutta Europa l’uso dei droni così da creare un “cielo unico europeo” cui tutti possano liberamente accedere per diletto o per lavoro con la minima burocrazia possibile, ma operando sempre in sicurezza per sé e per gli altri. Guardano in i nuovi regolamenti europei 2019/945 e 2019/947 ufficialmente diramati nel maggio scorso su input Easa, l’Agenzia Europea per la Sicurezza Aerea.

Si tratta di due insiemi normativi cui tutti gli Stati Membri si dovranno rapidamente adeguare, entro il prossimo mese di luglio e recentemente accettati anche dalla Svizzera che rivoluzionano il settore in quanto eliminano l’attuale distinzione fra attività ludiche e attività professionali partendo dal presupposto che quando un drone si alza in volo poco importa perché lo fa risultando ben più rilevanti le sue caratteristiche costruttive, gli ambiti di utilizzo e le capacità di chi lo pilota.

Da qui la decisione di dividere i voli in tre categorie, “Open”, “Specific” e “Certified”, la prima delle quali abbraccia tutte le operazioni a basso rischio effettuate per motivi ricreativi o professionali con velivoli aventi un peso al decollo inferiore a 25 chili.

Di fatto è la categoria in cui rientreranno tutti i droni usati in agricoltura, mezzi che sempre grazie alla nuove normative europee potranno anche essere utilizzati disponendo di una semplice abilitazione. Niente brevetti quindi e niente visite mediche. Solo un corso online che permetterà di superare uno o due esami sempre da sostenersi on line.

La categoria è in effetti divisa al su interno in tre sottocategorie siglate “A1”, “A2” e “A3”, ciascuna delle quali definisce sia le possibilità di utilizzo di un drone, in termini di pilotaggio e competenze, sia le connotazioni costruttive cui deve rispondere il veivolo. I droni saranno divisi in base alla massa, alle specifiche tecniche, alle funzionalità automatiche e alle prestazioni in cinque classi nella prima delle quali, la “C0”, rientrerà la maggior parte dei modelli pesanti meno di 250 grammi e privi di telecamere e quindi equiparabili a dei giocattoli.

I velivoli professionali saranno invece inquadrati nelle categorie “C1”, “C2”, “C3” e “C4”. Nella prima rientreranno i droni di peso compreso fra i 25 e i 900 grammi e quelli di peso inferiore ai 250 grammi se dotati di fotocamere, nella “C2” andranno i droni di massa compresa fra i 901 grammi e i quattro chili e nella “C3” gli apparecchi di massa oscillante fra i quattro e i nove chili. Alla classe denominata “C4” faranno riferimento tutti i droni che per struttura o finalità operative non rientrano nelle classi precedenti pur pesando sempre meno di 25 chili.

Incrociando le tre sotto-categorie operative “Open” con le classi di suddivisione dei droni, un box di riepilogo è proposto in queste stesse pagine, è possibile definire gli ambiti di azione cui deve rispondere un agricoltore per poter far proprie le possibilità funzionali offerte da ogni singolo modello, possibilità cui, come accennato, si potrà accedere in maniera semplice e comoda utilizzando le piattaforme formative online che Enac, l’Ente italiano di settore, metterà a disposizione degli utenti dal prossimo novembre così che possano acquisire i rispettivi certificati di competenza.

Per non incorrere in sanzioni tale documento dovrà essere sempre reso disponibile ai controlli da parte dei Tutori dell’Ordine unitamente alla registrazione sul sito “D-Flight” del drone, alla sua identificazione elettronica mediante un apposito decoder e all’assicurazione obbligatoria. Il tutto accettando anche l’idea che quando si pilota si dovrà indossare un gillet di riconoscimento recante la scritta “pilot”.

Dal prossimo luglio in definitiva la vita degli agricoltori che vogliono sfruttare le possibilità di analisi e di controllo rese possibili dai droni sarà più facile, fermo restando però che al momento è bene attendere prima di lanciarsi nell’acquisto di un qualsiasi velivolo. Le nuove norme, che tra l’altro agevoleranno anche l’uso dei droni nelle aree Atz”, “Aerodrome Traffic Zone”, in italiano zona di traffico di aeroporto”, varranno in effetti solo per i droni recanti il marchio “Ce” e quindi fabbricati sulla base delle direttive tecniche europee che però, al momento, non sono ancora state diramate.

I droni marchiati “Ce” non sono quindi ancora disponibili e chi oggi compra un o usa un qualsiasi velivolo rientrante nelle classi “C0”, “C1” o “C2” potrà usarlo solo fino al 2022 in categoria “Open”, ma da tale scadenza in poi la stessa macchina potrà operare solo in classe “Open-C3”, molto restrittiva, indipendentemente dal sue peso e dalle sue caratteristiche tecniche.

Il consiglio da dare a quanto vogliono approcciare il Mondo dei droni per poi usare professionalmente tali velivoli è quindi quello di aspettare prima di lanciarsi in costosi acquisti facendo invece esperienza con modelli professionali o semi professionali di basso costo, così da maturare gli iter burocratici, teorici e pratici necessari a un futuro salto di qualità attuabile nel momento in cui le nuove norme si saranno consolidate sia a livello legislativo sia, soprattutto, nelle teste dei Tutori dell’Ordine, oggi ancora troppo spesso inesperti in materia.



Le norme Easa in sintesi

I droni saranno divisi in cinque classi siglate “C0”, “C1”, “C2”, “C3” e “C4” in base al peso, alle specifiche tecniche, alle funzionalità automatiche e alle prestazioni del velivolo. Per ogni classe sono previste specifiche norme di utilizzo. Tutti devono però volare a vista e non potranno superare l’altezza di 120 metri dal suolo, ferma restando la possibilità di alzarsi di altri 30 metri se nell’area di volo è presente un ostacolo alto più di 90 metri. Età minima per pilotare in autonomia 16 anni, a meno che il drone sia in classe “C0” o il giovane operi sotto la supervisione di un adulto dotato delle necessarie competenze. Tre le modalità di utilizzo in cui è divisa la categoria “Open”, tutte avulse da autorizzazioni operative o dichiarazioni preventive da parte del pilota. Integrando fra loro le sotto-categorie “Open” con le classi di fabbricazione dei droni si realizzano le seguenti possibilità d’uso.

A1. Sottocategoria approcciabile con droni di classe “C0” o “C1”. Nel primo caso si tratta di velivoli di peso inferiore ai 250 grammi, velocità massima inferiore a 19 metri/secondo, circa 68 chilometri/ora e privi di fotocamere. Se usati per lavoro e quindi dotati di sistemi di ripresa passano in categoria “C1” e sono equiparati ai droni di peso compreso fra 250 e 900 grammi. Anche questi devono proporre una velocità massima di volo 19 metri al secondo, ma hanno l’obbligo di registrazione “D-Flight” e devono disporre del transponder e del marchio Ce. Possono volare anche su persone presenti casualmente in loco, ma non su assembramenti. Vanno usati previo superamento di un corso online con esame finale online.

A2. Sotto-categoria che guarda ai droni di peso compreso fra 900 grammi e i quattro chili. Hanno l’obbligo di registrazione “D-Flight, transponder” e marchio Ce. Per il loro uso oltre al corso e all’esame online si dovrà supere un ulteriore esame sempre online. Dovranno volare mantenendosi a una distanza di almeno 50 metri da eventuali persone presenti casualmente in loco, distanza che scende a tre metro se il veivolo è dotato di un sistema low speed che limiti la velocità a tre metri/secondo.

A3. Abbraccia i droni di peso compreso fra i quattro e i 25 chili, quelli di classe “C3” o “C4”. Obbligo di registrazione “D-Flight, transponder” e marchio Ce. Per il loro uso oltre al corso e all’esame online si dovrà superare un ulteriore esame sempre online. Non possono volare in presenza di persone casualmente in loco e devono mantenersi una distanza di almeno 150 metri dalle aree residenziali, commerciali, industriali o ricreative.

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